PER FAR CRESCERE IL TUO BRAND, DEVI FAR CRESCERE LA TUA COMMUNITY. È LA COMMUNITY ECONOMY

I brand che costruiscono una community, come è ormai noto, non solo rafforzano il legame emotivo con i loro consumatori, ma riescono anche a stimolare un coinvolgimento più profondo e duraturo.
La community economy, infatti, rappresenta un nuovo modello economico in cui il successo di un'azienda o di un brand dipende dalla capacità di creare, coltivare e interagire con una comunità di persone unite da interessi, valori e obiettivi condivisi.
I brand che costruiscono una community non solo rafforzano il legame emotivo con i loro consumatori, ma riescono anche a stimolare un coinvolgimento più profondo e duraturo.
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COMMUNITY ECONOMY: COS’È?

La community economy è un modello economico che pone al centro le comunità e le interazioni tra i loro membri, generando valore non solo attraverso la semplice transazione di beni e servizi, ma attraverso la condivisione di interessi, la collaborazione attiva e il coinvolgimento collettivo.

In questo contesto, le persone non sono più viste come semplici consumatori, ma come individui che si aggregano intorno a valori comuni, diventando parte integrante del successo di un brand o di un’azienda.

Le comunità, infatti, rappresentano uno strumento potentissimo per rafforzare la fidelizzazione.

I membri di una community si identificano in un gruppo che condivide aspirazioni e principi, e questo rafforza la loro fedeltà al brand, riducendo i costi di acquisizione di nuovi clienti grazie a un aumento della retention.

Oltre a questo, le community offrono ai brand un accesso diretto al feedback degli utenti, permettendo loro di migliorare prodotti e servizi in modo costante e personalizzato.

In molti casi, le aziende coinvolgono attivamente la community nella co-creazione, ottenendo soluzioni innovative e fortemente allineate con le esigenze del pubblico.

Un altro punto di forza delle comunità è la capacità di generare passaparola.

I membri soddisfatti diventano promotori naturali del brand, condividendo esperienze positive con la loro rete di contatti.

Le comunità ben gestite permettono inoltre un engagement continuo: grazie a eventi, contenuti e discussioni, il brand mantiene una presenza costante nella vita quotidiana dei propri membri, creando relazioni più profonde e durature.

Le aziende che basano la loro strategia sulla community economy non solo costruiscono legami più stretti con i propri clienti, ma possono anche diventare simboli di valori condivisi, posizionandosi come leader di cambiamento in determinati settori.

Questo permette ai brand di differenziarsi non solo per i prodotti o servizi offerti, ma per i valori culturali e sociali che rappresentano.

Esempi come Patagonia, con il suo impegno per l’ambiente, o Lululemon, che ha creato una rete di appassionati di fitness e yoga, mostrano come un community brand possa trasformarsi in un vero movimento sociale, andando oltre il marketing tradizionale.

Le radici della community economy possono essere ricondotte alla sharing economy, un modello in cui il principale asset non è più il prodotto, ma le persone e le relazioni che si sviluppano intorno a una proposta di valore.

Questo concetto è stato ampiamente analizzato in testi come Weconomy. L’economia riparte dal Noi e Il consumo collaborativo di Rachel Botsman e Roo Rogers, considerati fondamentali per comprendere il passaggio dall’economia del possesso a quella della condivisione.

Anche Marta Mainieri, nel suo libro Community economy, definisce questo modello come una nuova forma di economia che pone le comunità al centro della strategia di business.

COMMUNITY ECONOMY: LE CARATTERISTICHE PRINCIPALI E I VANTAGGI

La community economy rappresenta un nuovo paradigma economico in cui la collaborazione supera la competizione, e il valore viene generato non solo dall’azienda, ma dalla comunità che interagisce attorno a essa.

Questo modello si basa sulla capacità di coinvolgere i membri della comunità in processi decisionali e progettuali, trasformando la relazione brand-consumatore in un ecosistema più inclusivo e partecipativo.

In questa logica, le imprese non si limitano a offrire prodotti, ma lavorano a stretto contatto con la propria community per co-creare soluzioni che rispondano direttamente ai bisogni reali delle persone.

Uno degli aspetti chiave della community economy è l’aggregazione della domanda.

Anziché creare prodotti finiti e poi cercare clienti, le aziende ascoltano le esigenze della comunità e sviluppano offerte in base ai feedback raccolti.

Questo approccio evita sprechi e massimizza l’efficacia delle soluzioni proposte.

A ciò si aggiunge la co-progettazione, dove la comunità diventa parte attiva nel miglioramento dei servizi, favorendo un ciclo di innovazione continuo e un modello gestionale più fluido e aperto, con ruoli e responsabilità condivise.

L’impresa che adotta questo approccio beneficia di numerosi vantaggi concreti.

Il primo è la fidelizzazione: i brand che investono sulla community creano legami più profondi con i consumatori, aumentando la fiducia e la lealtà, con ricadute positive sulla competitività nel lungo termine.

In secondo luogo, l’engagement continuo con i membri della comunità consente di mantenere alto il coinvolgimento, generando non solo clienti fedeli, ma anche ambasciatori del brand che promuovono spontaneamente l’azienda.

Un altro aspetto fondamentale è l’adoption: la community favorisce l’adozione rapida di nuove funzionalità o comportamenti grazie al supporto reciproco dei membri, facilitando la diffusione di nuove idee e strumenti.

Questo porta a un altro grande vantaggio, l’innovazione.

Le idee generate all’interno di una community sono spesso il risultato di un processo collaborativo che permette di testare e migliorare soluzioni in tempo reale, accelerando lo sviluppo di prodotti e servizi più in linea con le aspettative dei clienti.

Dal punto di vista economico, gestire una community ha dei costi, ma i benefici in termini di contenimento delle spese sono evidenti.

Risolvere le richieste tramite la community può essere fino al 72% più economico rispetto al servizio clienti tradizionale, come dimostrato da studi condotti su grandi brand.

COMMUNITY ECONOMY: ESEMPI

Diversi brand hanno adottato con successo il modello della community economy, dimostrando come il coinvolgimento attivo delle comunità possa essere un motore di crescita e innovazione.

Un esempio celebre è Apple, che ha costruito una comunità fedele e attiva attorno ai suoi prodotti, così come Salesforce, la cui conferenza annuale, Dreamforce, attira oltre 200.000 partecipanti.

Questi eventi non solo celebrano l’ecosistema del brand, ma rafforzano i legami tra i membri della comunità, creando uno spazio di condivisione e sviluppo.

Due esempi particolarmente rappresentativi di un approccio community-first sono Figma e Notion. Figma, un software di collaborazione per il design, ha costruito il proprio successo puntando prima sulla comunità e poi sul prodotto, ribaltando le dinamiche tradizionali di mercato.

Questo modello ha portato Figma a diventare un concorrente diretto della suite Adobe Creative, fino a essere acquistata da Adobe stessa. Simile il percorso di Notion, che ha visto la sua comunità di utenti influenzare lo sviluppo del prodotto, rendendolo sempre più rispondente alle loro esigenze.

Un altro esempio pionieristico è LEGO, il celebre brand di giocattoli.

Attraverso il programma LEGO Ideas, l’azienda invita la sua comunità di appassionati a proporre idee per nuovi set di costruzioni e a votare le proposte degli altri utenti.

Le idee più votate vengono poi prodotte e messe in commercio, dimostrando come la co-creazione possa essere una parte integrante del processo produttivo.

In Italia, due casi di successo sono WeRoad e Cinelli. WeRoad, una community di viaggiatori creata da OneDay Group, connette persone con storie e culture da tutto il mondo.

L’obiettivo di WeRoad è creare esperienze personalizzate e coinvolgenti per i viaggiatori, facendo della community stessa il fulcro delle attività. Cinelli, storico produttore di biciclette, ha anch’esso fatto della propria community un asset fondamentale.

I clienti non sono solo consumatori, ma partecipano attivamente alla creazione e al miglioramento dei prodotti, agendo anche come ambasciatori del marchio.

A livello internazionale, un caso recente è quello di Ikea. Nel 2024, il marchio svedese ha inaugurato una food hall chiamata Saluhall a San Francisco, progettata per rafforzare i legami comunitari nel quartiere Market Street.

Questa iniziativa nasce dall’idea che il cibo sia un elemento centrale per connettere le persone e creare comunità, riflettendo un approccio di business che va oltre la semplice vendita di mobili, mettendo al centro l’esperienza condivisa.

Questi esempi dimostrano come la community economy possa trasformare il rapporto tra brand e clienti, creando una dinamica di reciproca collaborazione che genera innovazione, fidelizzazione e una forte identificazione con i valori del marchio.

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